Mediterranea è parte di “Interferenza sulla Libia”. Dal mare alla terra per salvarci insieme.
DAL SITO DI MEDITERRANEA
“Interferenza sulla Libia” è la serie di iniziative promosse da tante realtà di Palermo che ogni giorno, con le loro pratiche e le loro parole, costruiscono una storia completamente diversa da quella rappresentata nel corso delle
Conferenza internazionale sulla Libia che il governo italiano ha imposto in questa città nelle giornate del 12 e del 13 novembre. Il presidente del Consiglio ha dichiarato che si tratta di un vertice organizzato “per il popolo libico”.
Ma i popoli, in simili consessi, sembrano apparire solo sullo sfondo come masse sacrificabili, mentre gli equilibri geopolitici si costruiscono su calcoli e strategie che ben in poco conto tengono la vita delle persone.
Basterebbe ascoltare l’audio documentario “Exodus, fuga dalla Libia”, realizzato da Michelangelo Severgnini e diffuso dal collettivo artistico Stalker insieme al Comune di Palermo proprio in questi giorni della Conferenza, per avvertire fino in fondo il paradosso di quello che sta accadendo.
Le strazianti grida di aiuto delle decine di migliaia di persone sequestrate nei centri libici, e registrate in questo lavoro importante, dovrebbero attraversare i salotti dell’albergo di lusso dove si sono radunati i (più o meno) potenti decisori politici dell’euromediterraneo, come un’eco terrificante delle trattative che si stanno consumando in queste ore.
Allo stesso modo, dovrebbero risuonare ogni volta che si dichiara con soddisfazione, come ha fatto in questi giorni la Direzione immigrazione e polizia di frontiere, che gli “sbarchi” sono diminuiti “da 181.000 nel 2016 a 22.000 nel 2018”, perché quelle grida sono le voci disperate di chi non è arrivato.
L’Italia è scesa a patti con i trafficanti di persone invece di sconfiggerli nell’unico modo possibile: aprendo canali di ingresso legali e sicuri; ha rinunciato ad avere verità e giustizia per Giulio Regeni cui di certo in questi giorni nulla verrà chiesto al Presidente egiziano presente al vertice; ha criminalizzato il soccorso in mare e legittimato il messaggio che nessuna mano va tesa a chi sta per annegare. E adesso, mettendo allo stesso tavolo le potenze che hanno causato la crisi libica e quelle che di questa crisi hanno approfittato, pretende di promuovere un processo di pace.
Nessuna pace si costruisce sul sacrificio di migliaia di innocenti, mentre, come scrive Amnesty International, “Le politiche per fermare l’immigrazione e l’insufficienza dei posti messi a disposizione per il reinsediamento dei rifugiati continuino ad alimentare un ciclo di violenza” che sta trascina da anni la Libia in un orrore senza fine.
“Liberiamo il Mediterraneo”, hanno scritto le persone che a tutto questo si stanno opponendo a partire da Palermo.
Liberiamolo dalla guerra e dalla morte cui è stato condannato in questi ultimi anni più che mai. Liberiamo la Libia dal suo destino imposto di frontiera d’Europa e luogo di torture.
Per farlo, bisogna guardare al Mediterraneo non dall’alto delle trame politiche che le violazioni dei diritti umani hanno non solo tollerato, ma direttamente organizzato, ma dal basso di un gommone che affonda, attraverso gli occhi chiusi di una di quelle 8 persone al giorno che hanno perso la vita in mare negli ultimi mesi nei “naufragi di Stato”, come ha denunciato alla vigilia della Conferenza di Palermo la Rete Restiamo Umani, davanti al Viminale.
Mediterranea è presente a Palermo a Interferenza sulla Libia, perché dalla terra al mare naviga con chi tende le mani, costruisce ponti, non si arrende di fronte ai muri di omertà e ipocrisia.