Nuovi caracoles in Chiapas e Centri di Resistenza Autonoma e Ribellione Zapatista
Il 17 agosto 2019 il Sub Comandante Moisés ha annunciato la fondazione di 11 nuovi Centri di Resistenza Autonoma e Ribellione Zapatista (CRAREZ), di cui 7 nuovi caracoles e 4 nuovi Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ). Questi CRAREZ costituiscono diversi livelli di autogoverno di cui si sono dotate le comunità zapatiste per amministrare i territori recuperati nel corso degli anni. Dopo l’esperienza degli Aguascalientes – fondati a partire dal 1994 come primo tentativo di una costruzione locale di autonomia – nel 2003 vennero fondati 5 caracoles (La Realidad, La Garrucha, Roberto Barrios, Morelia e Oventik) all’interno dei quali hanno trovato sede le Giunte di Buon Governo, composte dai rappresentanti dei Municipi della zona i quali, a loro volta, raccolgono al proprio interno diversi villaggi. Questo ulteriore allargamento risponde alla doppia esigenza di includere nuovi territori e di facilitare la partecipazione in quelli esistenti.
La carovana di Ya Basta! ha visitato in questi giorni alcuni dei vecchi e nuovi centri: gli storici caracoles di Morelia nelle montagne del sudest del Chiapas e de La Garrucha nella selva Lacandona e i nuovi caracoles Jacinto Canek e Tulan Ka’u nel territorio di Tolanca. Di questi ultimi due, il primo ha sede accanto al Centro Indigena de Capacitacion Integral (CIDECI-Unitierra) di San Cristobal de Las Casas mentre il secondo è stato inaugurato in occasione del II° Festival de Cine “Puy ta Cuxlejaltic” che si è tenuto dal 7 al 15 dicembre 2019. Proprio a Tulan Ka’u, che si trova sulla strada fra Comitan e San Cristobal e che, a differenza degli altri, è aperto al pubblico, è stata costruita la Balena, un auditorium in grado di ospitare più di mille persone. Per descriverlo riportiamo le parole del Sup Galeano: Somiglia ad un galeone. O una baleniera… No, piuttosto una balena sperduta che nuotando ostinata controcorrente lungo la montagna, ora riposa tra gli alberi e la gente. Sì, gente, tanta. Di tutti i tipi. E di tutti i colori, perché anche se pare che la maggioranza abbia il volto nascosto, i loro abiti sono come se un caleidoscopio si muovesse attorno al grande cetaceo, assurdo nel suo riposare a mezza montagna, come assurdo è tutto quello che lì succede. Durante questi giorni, inoltre, abbiamo avuto l’occasione di consegnare fondi e materiale sanitario e di incontrare la Giunta del Buon Governo de La Garrucha; abbiamo anche avuto la possibilità di confrontarci con alcuni promotori di salute – persone attive nel campo sanitario – che ci hanno mostrato diversi laboratori, una farmacia e una clinica per le donne, tutti tasselli importanti nella costruzione di una autonomia e di buen vivir delle comunità zapatiste. La decisione dell’EZLN di ampliare e ridefinire l’amministrazione dei propri territori nasce dopo 8 mesi dall’insediamento del governo di Andrés Manuel Lopez Obrador, le cui posizioni apparentemente progressiste avevano inizialmente attirato il consenso di una larga parte della società civile – tra cui molti ex sostenitori della lotta zapatista – e di una parte delle comunità indigene. Gli zapatisti fin da subito hanno rifiutato le politiche sviluppiste di AMLO e hanno individuato nelle grandi opere uno dei punti principali di scontro con il nuovo governo. Come nel 1994, gli zapatisti hanno deciso di “rompere l’accerchiamento”, ribellandosi alla militarizzazione dei territori attraverso la Guardia Nazionale e i gruppi paramilitari e rifiutando i tentativi di cooptare e dividere le comunità mediante effimeri programmi sociali di sviluppo locale come quello di Sembrando Vida che prevede la piantumazione di migliaia di alberi da frutto, cacao e mais.
In questi anni gli zapatisti sono cresciuti. Lenti, ma inesorabili, sono avanzati nella difesa della propria autonomia e delle popolazioni originarie. Donne, uomini, bambini e anziani hanno svolto un silenzioso e costante lavoro politico e organizzativo che è culminato in una visibile espansione territoriale e numerica delle comunità. Tale crescita è l’espressione di una reale pratica democratica che mette al centro l’auto-organizzazione: al contrario delle consultazioni messe in atto dal nuovo governo che mettono in scena una democrazia di facciata e fintamente inclusiva della voce delle comunità indigene, la nascita dei nuovi CRAREZ è stata il frutto di un lungo lavoro di ascolto e partecipazione. Attraverso questo confronto costante è stato possibile sperimentare nuove forme di gestione e amministrazione dei territori, garantendo a un numero sempre maggiore di persone l’accesso a strutture sanitarie e all’istruzione di base, fondamentali per una vita degna. Così ha descritto il Sup Moisés il processo di costruzione dei nuovi CRAREZ: Ciò che si rende noto ora ed è pubblico, è stato un lungo processo di riflessione e ricerca. Migliaia di assemblee comunitarie zapatiste, nelle montagne del sudest messicano, hanno pensato e ricercato strade, modi, tempi. Sfidando il disprezzo del potente, che ci taccia d’ignoranti e tonti, abbiamo usato l’intelligenza, la conoscenza e l’immaginazione. Passano gli anni, cambia il mondo ma gli zapatisti non smettono di cercare di fare un passo in avanti nella costruzione della autonomia. La loro esperienza resta un punto di riferimento per tutti quelli che cercano di apportare crepe nel sistema capitalista e di guardare oltre. Ancora oggi, le montagne del sudest messicano sono un luogo interessante di sperimentazione politica e sociale da cui tanti e tante possono trarre insegnamento per provare a costruire un altro mondo possibile nei propri territori.
E così siamo usciti. Il Potere è rimasto indietro, pensando che il suo accerchiamento ci mantenesse accerchiati. Da lontano abbiamo visto le sue spalle: Guardie Nazionali, soldati, poliziotti, progetti, aiuti e menzogne. Siamo andati e tornati, siamo entrati e usciti, 10, 100, 1000 volte lo abbiamo fatto e il Potere vigilava senza vederci, confidando nella paura che infondeva la sua stessa paura. Gli accerchianti sono rimasti come una macchia di sporco, accerchiati essi stessi in un territorio ora più esteso, un territorio che contagia nella ribellione.